Prelevamenti acconto utili dei soci eccedenti gli utili maturati

Sussiste concreto pericolo di tassazione

Secondo la Commissione tributaria regionale della Lombardia (sentenza n. 1373/2022), alla riqualificazione dei prelevamenti degli amministratori in compensi, da parte dell’Amministrazione Finanziaria, deve seguire la deduzione (anche) delle relative ritenute dal reddito della società.

La vicenda prende le mosse da un Pvc della guardia di Finanza, con il quale si rilevavano frequenti e sistematici prelievi dai conti della società; la quota eccedente l’utile di esercizio veniva, dunque, riqualificata quale compenso (non deducibile) autoliquidato dai soci in qualità di amministratori, sul quale risultavano omesse le relative ritenute.

Più in particolare, il successivo accertamento veniva impugnato dalla Srl che, nel merito, sosteneva che le ritenute avrebbero dovuto essere scomputate del reddito d’impresa, onde evitare una evidente doppia imposizione. L’agenzia delle Entrate escludeva la deducibilità del compenso (e delle relative ritenute) in assenza di un’apposita previsione statutaria o di una delibera dell’assemblea dei soci.

La Ctr ha ribadito che l’Agenzia delle Entrate, avendo riqualificato tali attribuzioni come compensi, avrebbe dovuto tenerne conto ai fini della rideterminazione del reddito imponibile della società, sostituto d’imposta.

 È evidente, infatti, che quelle somme costituiscono costi deducibili dal reddito d’impresa e con esse le relative ritenute, pena un evidente fenomeno di doppia tassazione economica, espressamente vietata dall’art. 163 del Tuir.

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